Le parole come " cachi " causano non poche difficoltà: alla domanda "si dice un cachi o un caco ?" , in effetti, q...
Le parole come "cachi" causano non poche difficoltà: alla domanda "si dice un cachi o un caco?", in effetti, quasi tutti potrebbero rispondere considerando giusta soltanto la seconda alternativa e dando per sbagliata la prima, che per molti rappresenta solo il plurale del frutto. I fatti non stanno proprio così: è più corretto dire "un cachi" e non “un caco”, così come l’uso, invece, vorrebbe.
Proprio per questo motivo, comunque, nessuno potrebbe correggervi: è difficile contrastare le abitudini dei parlanti, né sarebbe auspicabile farlo, visto che, se la lingua cambia, questo cambiamento avviene proprio grazie a loro, seppur inconsapevolmente (ciò non significa, ovviamente, che tutti gli errori possono essere giustificati e, soprattutto, che "un cachi" sia sbagliato; anzi).
Il termine è di origine giapponese e designa non soltanto il frutto ma anche l'albero, originario dell'Asia Orientale e appartenente al genere delle ebenacee, una famiglia di angiosperme dicotiledoni. Per indicare sia l'uno sia l'altro, quindi, direte e scriverete "cachi"; c'è anche una trascrizione alternativa, vale a dire "kaki". Scriverlo in questo modo non è obbligatorio; per di più, essendo più alto il rischio di sbagliare ed esistendo un adattamento ben preciso alla lingua italiana dell'esotismo, è decisamente sconsigliabile.
Il nome scientifico del "cachi" – che è, quindi, una parola invariabile – è "Diòspyros kaki" e significa, tradotto dal greco, “cachi frumento di Giove”. Questo è quanto ci dice Aldo Gabrielli, autore del famoso libro Si dice o non si dice?
Il "cachi" è anche un colore, una tinta molto diversa da quella del frutto. Non è un arancio ramato: richiama, infatti, la terra arida, arsa. L’origine – spiega Gabrielli – non sta nel giapponese "kaki", ma nell’inglese khaki, che deriva, a sua volta, dall’indostano "kaki" (che indica qualcosa di polveroso; o meglio, il colore della polvere); quest'ultimo, infine, ha origine dal persiano "khâk". Sul colore – tipico delle uniformi militari inglesi in India – non ci sono dubbi, né oscillazioni. "Cachi" è, e "cachi" rimane.