Se vi danno dell’ apatico , sicuramente non vi stanno facendo un complimento: vi hanno affibbiato questo aggettivo perché probabilmente...
Se vi danno dell’apatico, sicuramente non vi stanno facendo un complimento: vi hanno affibbiato questo aggettivo perché probabilmente siete estranei al mondo, non riuscite a provare emozioni; vivete, dunque, chiusi nella “scatola dell’indifferenza”. Una parola che oserei definire “infelice”, non adeguata, forse, ad un uomo.
Chi è che prova piacere ad essere chiamato “morto-vivente”? Nessuno; anche se alcuni filosofi, chiamati “Stoici”, erano ben lieti di essere definiti “apatici” e perseguivano questa che per loro era una grande qualità , la più elevata in assoluto, il “porto della pace dei sensi”.
Per loro l’apatia era strettamente legata alla provvidenza: ogni cosa è tesa al bene, anche ciò che può essere erroneamente concepito come qualcosa di malevolo, doloroso, distruttivo.
Il loro compito era quello di domare il patos, bloccare cioè il flusso di emozioni che scorrono senza logica all’interno dell’essere umano, servendosi dello strumento della ragione: solo così si può essere felici, dicevano.
Non erano estranei alla vita, anzi osservavano e razionalizzavano tutto ciò che accadeva intorno a loro, come per esempio il dolore provocato dalla perdita di una persona cara. Anassagora ne sa qualcosa: quando apprese della morte del figlio, disse: “Sapevo di averlo generato mortale”. Questa frase può destare stupore, incredulità e può farci sorgere alcuni sospetti: ma realmente il filosofo è riuscito ad avere la meglio sulla sofferenza? Impossibile rispondere.
Successivamente il termine apatia si intrufolò anche nel mondo cristiano, riferendosi a quei monaci che rinunciavano alla libertà , per essere obbedienti solo all’abate; anche nella Compagnia di Gesù si assiste a questa rinuncia del libero arbitrio, in quanto i membri diventano servi del papa, secondo la formula perinde ac cadaver, “come se fosse un cadavere”.
Secondo me, però, nessuno può essere veramente estraneo ai sentimenti; a tal proposito, una breve riflessione sul filosofo-scienziato di Clazomene mi viene spontanea: chi ci dice che non abbia mai versato una lacrima per suo figlio, non abbia mai passato notti insonni senza sbirciare nel passato, che non si sia mai fatto stendere dal dolore?
Apatico, quindi, è un termine che non dovrebbe essere affatto attribuito con tanta facilità , una etichetta che non dovrebbe esistere, in quanto riferita a coloro che sono più simili a dei cyborg o a dei mostri che a degli uomini fatti di “cuore e cervello”. Che ne pensate?
La foto è tratta da Pixabay.com
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