Qual è il significato di "pleonasmo"? Ridondanze nelle frasi molto care ad Alessandro Manzoni e a Cesare Pavese.
Il pleonasmo – dal greco pleonsasmos (“eccesso”) e pleon (“più”) – si manifesta quando in una frase lo stesso concetto viene enfatizzato attraverso elementi diversi ma simili, parole e concetti che provocano una fastidiosa ridondanza. Partiamo dai seguenti esempi:
(A) Sali su, Giovanni! È ora di tornare a casa!
(B) Basta! Non ne voglio più sapere di queste due tartarughe!
Nella prima frase c’è l'avverbio su a fare da rafforzativo; nella seconda, invece, la particella pronominale ne anticipa queste, provocandone la ripetizione. Se "sciogliamo" il pronome, infatti, abbiamo:
(B1) *Basta! Non voglio di queste (ne) più sapere di queste due tartarughe
Come vedete, la frase è ai limiti della leggibilità. Ripetizioni del calibro di ne/queste (che rientrano nel caso di ripresa pronominale) sono accettate nel parlato e anche nello scritto meno formale, ma in contesti controllati vanno evitate.
Anche diversi scrittori italiani - come Alessandro Manzoni e Cesare Pavese, per esempio - sono incappati, per così dire, in pleonasmi; precedenti che non fanno altro che spingerci a riflettere su alcune delle correzioni più frequenti (ma non per forza giustissime) degli insegnanti.
- “A me mi par di sì: potete domandare nel primo paese che troverete andando a dritta” (Alessandro Manzoni, Promessi Sposi, XVI)
- “Si voltò poi a don Abbondio, e gli disse: ‘Signor curato, se mai desiderasse di portar lassù qualche libro, per passare il tempo, da pover’uomo posso servirla (…) ma però…’ (Promessi sposi, XXIX)
- “Io il mare l’ho sempre immaginato come un cielo sereno visto dietro dell’acqua” (Cesare Pavese, Feria d’agosto).
Ora sì che vi sarà molto più chiaro il significato di pleonasmo!
La foto è tratta da Pixabay.com
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