Blaise Pascal ha sempre condannato la deprecabile condizione dell’uomo che si lascia stordire da cose futili e senza senso , lo stesso...
Blaise Pascal ha sempre condannato la deprecabile condizione dell’uomo che si lascia stordire da cose futili e senza senso, lo stesso senso ricercabile, secondo lui, soltanto nella fede cristiana, strumento di comunicazione con Dio, che lo redime da ogni colpa commessa. Più l’uomo si allontana da Lui più si evidenzia la sua piccolezza, la speranza irrealizzabile di trovare la felicità perfetta in terra, abbandonando la possibilità di avere un posto nell’alto dei cieli.
L'essere umano, secondo il filosofo, s’illude di poter far tutto senza alcun tipo di aiuto, aggrappandosi alle sue certezze che, invece, si sgretolano di giorno in giorno, inesorabilmente; Pascal è consapevole di questa illusione, che mai si estingue; in Pensieri, infatti, scrive:
Noi navighiamo in un vasto mare, sempre incerti e instabili, sballottati da un capo all'altro. Qualunque scoglio, a cui pensiamo di attaccarci e restar saldi, vien meno e ci abbandona e, se l'inseguiamo, sguscia alla nostra presa, ci scivola di mano e fugge in una fuga eterna. Per noi nulla si ferma.
L'uomo, insomma, è condannato a vivere nel mare dell’instabilità, non avendo appigli solidi e permanenti. Vive nell’incertezza, nell’inquietudine, in uno stato di contraddizione eterna: è un angelo e un diavolo, allo stesso tempo; ha sì un’anima, ma altresì un corpo corruttibile. Si trova tra i due abissi dell’infinito e del nulla: in relazione alla natura è un ente microscopico, ma allo stesso tempo la cosa più potente e perfetta che sia esistita mai.
Che cos'è l'uomo nella natura? Un nulla in confronto all'infinito - scriveva - un tutto in confronto al nulla, un qualcosa di mezzo fra nulla e tutto