Il Ministro dell'Istruzione Francesco Profumo esordì dopo la caduta di Silvio Berlusconi, dicendo che non ci sarebbero stati cambia...
Il Ministro dell'Istruzione Francesco Profumo esordì dopo la caduta di Silvio Berlusconi, dicendo che non ci sarebbero stati cambiamenti radicali nei sistemi scolastico e universitario, rispetto alle modifiche introdotte da Mariastella Gelmini, autrice di una riforma che, come sapete, ha scatenato polemiche a non finire, a causa di una serie di proposte inaccettabili e, per fortuna, non ancora diventate realtà. Credevamo che questo governo avrebbe mantenuto tutte le promesse, ma così non è stato; lo abbiamo appreso proprio negli ultimi giorni: le intenzioni del ministro Profumo, in accordo con il Premier Mario Monti, non hanno l'ufficialità di una riforma, certo, ma nella sostanza risultano davvero drastiche.
La parola d'ordine è liberalizzazione, e con questa aumento indiscutibile delle tasse e drastico ridimensionamento del valore legale della laurea.
Procediamo per gradi: finora le tasse da pagare alle università pubbliche erano regolate da un sistema ben preciso; l'università, cioè, non poteva superare nella riscossione, il 20% dei finanziamenti ottenuti dallo stato. I ministri hanno intenzione di abbattere questo limite; già superato in alcuni casi, starete pensando, e senza sbagliare; questa volta, però, nessuno sarà tenuto a giustificare la propria condotta e gli sforamenti potrebbero essere davvero alti.
Procediamo per gradi: finora le tasse da pagare alle università pubbliche erano regolate da un sistema ben preciso; l'università, cioè, non poteva superare nella riscossione, il 20% dei finanziamenti ottenuti dallo stato. I ministri hanno intenzione di abbattere questo limite; già superato in alcuni casi, starete pensando, e senza sbagliare; questa volta, però, nessuno sarà tenuto a giustificare la propria condotta e gli sforamenti potrebbero essere davvero alti.
Ma passiamo al secondo problema. Il valore della laurea per i concorsi pubblici sarà ridimensionato. E c'è anche stato un passo indietro da parte del governo, che aveva pensato inizialmente di abolirlo del tutto; in altri termini, per i concorsi della Pubblica Amministrazione a niente sarebbe servito avere un diploma di laurea. A protestare non sono stati soltanto i rappresentanti degli studenti, ma anche gli insegnanti e gli stessi chiacchieratissimi tecnici del governo (in particolare, i ministri Cancellieri, Severino e Patroni Griffi).
Anche la scelta del ridimensionamento, però, è stata osteggiata. E non a torto. Il perché è stato spiegato benissimo da Michele Orezzi, coordinatore dell'Unione degli Universitari:
[...] Vogliamo denunciare il grave rischio che implica
la mancata valutazione del voto di laurea nei concorsi pubblici. Più che
colpire le cosiddette 'fabbriche di titoli' sembra che
questo governo voglia incentivarle inviando un messaggio molto grave
agli studenti: non importa quanto impegno si ripone nel proprio percorso
formativo, l'importante è ottenere una laurea. Questo
rischia anche una deresponsabilizzazione da parte delle stesse
università, creando un vortice che non pone più al centro la conoscenza e
l'apprendimento, ma solo il traguardo finale.
La parte più assurda del provvedimento, infatti, stava proprio in ciò che avrebbe dato valore al 'pezzo di carta': non l'impegno e la fatica dello studente, riassunti il più delle volte in e con un numero, ma l'università di provenienza, con la conseguente creazione di atenei di serie A e atenei di serie B.
Link-Coordinamento universitario, come molte altre associazioni studentesche, è stato chiaro a tal proposito:
Link-Coordinamento universitario, come molte altre associazioni studentesche, è stato chiaro a tal proposito:
Siamo assolutamente contrari all'abolizione del valore legale della
laurea, sostenuto da Confindustria e criticato aspramente da chiunque
conosca a fondo l'università pubblica italiana. Tale provvedimento aumenterebbe le
disuguaglianze all'interno delle università tra studenti che possono
permettersi costosissimi corsi di laurea in prestigiose università
private e studenti di serie B delle università pubbliche.
Osteggiati da (quasi) tutti, i ministri hanno fatto un passo indietro, per fortuna: la questione merita una consultazione pubblica su internet, sulla quale non si sa ancora nulla. Sarà, comunque, una prova del nove che farà capire per l'ennesima volta che l'università non si tocca. Non così, almeno.