Anche Martin Heidegger fa il suo ingresso nella rubrica Il Linguaggio della filosofia . Filosofo esistenzialista che ha rivolto maggiorme...
Anche Martin Heidegger fa il suo ingresso nella rubrica Il Linguaggio della filosofia. Filosofo esistenzialista che ha rivolto maggiormente la sua attenzione all'essere umano, al suo stare qui e ora, sul suo rapporto fatale con la morte. Questo incontro non rinviabile, cioè il trovarsi faccia a faccia con la fine di ogni cosa, genera nell'uomo un profondo senso di angoscia. Tutti indistintamente, infatti, quando parliamo della morte, oppure se ci sfiora soltanto l'idea, ci rattristiamo subito; cadiamo, per l'appunto, in un profondo stato di angoscia.
Secondo Heidegger, questo stato d'animo è dovuto al fatto che la morte è sempre presente; può sorprenderci e farci soccombere da un momento all'altro, vanificando così ogni nostro progetto futuro e passato. Essa, dunque, non è altro che un ente portatore di mera razionalità: ci dice, eliminandoci definitivamente da questo posto e da questo tempo, che siamo uomini-progetto senza senso: abbiamo valore quando esistiamo; non lo abbiamo più, invece, quando dormiamo in una tomba.
L'esistenza umana, come afferma il filosofo, è:
Un tenersi fermi all'interno del nulla: è nulla antecedente a ciò che può progettare, e per di più raggiungere, ed è nulla già come progettare.
L'uomo, perciò, non è in bilico, come diceva Pascal, tra l'abisso del nulla e quello dell'infinito, ma tra due precipizi, passato e futuro, senza uscita, che prosciugano l'illusione del senso. Lui progetta la sua vita nel presente per il futuro, che forse ci sarà, e lascia indietro, inesorabilmente, pezzi di vita che vengono divorati dal nulla.
Secondo voi, siamo davvero uomini-progetto che vivono nel nulla?