Parafrasi e spiegazione dell'Infinito di Leopardi per temi in classe e interrogazioni: qual è il significato di questa importantissima poesia della letteratura italiana?
Occupiamoci oggi della parafrasi e della spiegazione della celebre poesia L'infinito di Giacomo Leopardi. Prima di passare al testo, però, permetteteci qualche nota introduttiva: L'infinito venne composto tra la primavera e l'autunno del 1819; fa quindi parte della produzione lirica giovanile di Leopardi, quando l'autore ancora soggiornava presso la casa paterna a Recanati. La poesia venne pubblicata nel 1825 sul Nuovo Ricoglitore, periodico milanese, e poi venne inclusa nella sua raccolta poetica più famosa, i Canti.
Senz'altro conoscerete il testo della poesia L'infinito, ma è bene riproporvelo per una migliore e più completa parafrasi e spiegazione:
Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e rimirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo, ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s’annega il pensier mio:
E il naufragar m’è dolce in questo mare.
La parafrasi dell'Infinito di Leopardi
Veniamo alla parafrasi:
Questo colle solitario mi è sempre stato caro come pure questa siepe, che mi copre la vista di una grossa sezione del più remoto orizzonte. Ma, sedendomi e fissando i vastissimi spazi al di là di essa, col pensiero immagino i silenzi incommensurabili e la quiete profondissima, tanto che per poco il mio cuore non sussulta. E quando sento il vento frusciare tra le piante paragono quell'Infinito silenzio [che è nella mia mente] a questo sibilo: e mi sovviene l'eterno, e le epoche passate e decadute insieme a quella presente e viva, e il suo suono. Immerso in questa immensità il mio pensiero annega: ed è dolce naufragare in questo mare.
L'Infinito di Leopardi, spiegazione generale
Passiamo, ora, alla spiegazione dell'Infinito di Leopardi e, là dove serva, anche a una sua breve contestualizzazione storico-letteraria: il componimento nasce nella temperie culturale del Romanticismo europeo, un nuovo modo di sentire che l'autore trova particolarmente affine alla sua sensibilità e quindi recepisce e rielabora in una forma spiccatamente interiorizzata e intimistica. Al contrario di un Foscolo che, parallelamente e con pari strumenti, costruisce la sua immagine di poeta superuomo - un possente titano che si erge al di sopra della realtà per contrastarla - Leopardi soggiace al peso della contingenza e cerca disperato sollievo alle pene che essa infligge rifugiandosi nei ripiegamenti intestini del suo estro e della sua spessa psicologia; non domina la realtà e nemmeno vi si oppone: la rifugge! Guarda all'infinito con piglio sostanzialmente diverso da quello del colosso lucreziano e foscoliano (che, con occhi di fuoco, rivolge il suo sguardo insolente al cielo per sfidare l'Essere divino, l'autorità che per definizione circoscrive la libertà degli uomini e la loro volontà di potenza); Leopardi lo fa piuttosto per scorgervi una via di fuga dalla sofferenza e dalla caducità, per scoprire un significato più profondo a tutto quanto il dolore, per tastare con mano una dimensione che non teme le angherie del tempo.
Continuiamo con la spiegazione di una delle poesie più famose - come ben sapete - di Leopardi. Il componimento accoglie la tradizione teocritea degli idilli, immagini poetiche dall'estensione contenuta, viste da una prospettiva frammentaria e scorciata. Il valore estetico di tali immagini risiede proprio in quell'ostacolo che, frapponendosi tra l'oggetto osservato e l'osservatore, impedisce la descrizione oggettiva del fenomeno e apre così le porte all'immaginazione più selvaggia, indomita e incontaminata dalle categorie del pensiero razionale. Leopardi, nella situazione narrativa, non può vedere l'orizzonte se non per i piccoli buchi che le frasche della siepe gli concedono: può pertanto indugiare in una descrizione anti-naturalistica, che rievoca echi di infinito e silenzi assordanti e che gli permette di sfoderare il suo linguaggio metafisico e trascendentale.
Continuiamo con la spiegazione di una delle poesie più famose - come ben sapete - di Leopardi. Il componimento accoglie la tradizione teocritea degli idilli, immagini poetiche dall'estensione contenuta, viste da una prospettiva frammentaria e scorciata. Il valore estetico di tali immagini risiede proprio in quell'ostacolo che, frapponendosi tra l'oggetto osservato e l'osservatore, impedisce la descrizione oggettiva del fenomeno e apre così le porte all'immaginazione più selvaggia, indomita e incontaminata dalle categorie del pensiero razionale. Leopardi, nella situazione narrativa, non può vedere l'orizzonte se non per i piccoli buchi che le frasche della siepe gli concedono: può pertanto indugiare in una descrizione anti-naturalistica, che rievoca echi di infinito e silenzi assordanti e che gli permette di sfoderare il suo linguaggio metafisico e trascendentale.
La metrica dell'Infinito
Un'ultima nota di carattere generale: una nota metrico-stilistica. Leopardi lavora in direzione di un più compiuto e nobilitato verso libero sciolto dai vincoli della rima, della metrica a maglie strette e da clausole cristallizzate. Non a caso il poeta viene generalmente ricordato come l'ideale apripista di una nuova scuola lirica che prediligerà un versificare più spontaneo e di uno stile nuovo, niente affatto grezzo - come un radicato luogo comune sul Romanticismo vorrebbe - ma piuttosto variegato, flessibile e conforme alla materia poetica (sulla stessa lunghezza d'onda dei trascendentalisti d'oltreoceano che, poco più tardi, avrebbero concepito la teoria organicistica per la quale lo stile, proprio come un essere vivente in simbiosi con il suo contenuto, assumerebbe di volta in volta la forma in assoluto più adatta a rappresentare il contenuto; il letterato si deve quindi concentrare sulla materia poetica anziché sulla forma: quella poi verrà da sé. Guai a chi si perde in compiaciuti virtuosismi, giochetti retorici, innovazioni metriche fini a se stesse e per nulla genuine!).
Anche se nel componimento il verso è ancora l'endecasillabo, il ritmo si fa via via meno regolare e cadenzato perché gli accenti hanno via via sede meno fissa o predicibile, oltre che per la totale mancanza di rime perfette e assonanze. Ciò non significa che il tessuto fonico sia povero, la forma sciatta e il ritmo prosaico e meramente sintattico! Attraverso un uso massiccio di enjambement, allitterazioni e anastrofi la cesellatura delle frasi è indiscutibilmente ricercata e preziosa, tanto che nessun lettore (moderno o storico) ha difficoltà a riconoscere che L'infinito è una poesia e non un pezzo di prosa.
Approfondisci: leggi i nostri riassunti di letteratura per prepararti in vista delle interrogazioni
Qui termina la nostra parafrasi e spiegazione della poesia L'infinito di Giacomo Leopardi: state certi che basta per un bel tema o un'interrogazione fatta come si deve. In bocca al lupo!
La foto è tratta di Pixabay.com