Confronto tra Dante Alighieri e Francesco Petrarca su scelte tematiche e linguistiche: riassunto dettagliato per temi e saggi brevi, interrogazioni e verifiche di vario tipo
Oggi vi presentiamo un confronto tra Dante e Petrarca, riassumendo differenze e punti di contatto, affinché queste informazioni possano tornarvi utili per temi o saggi brevi di vario tipo (in realtà , potete usare lo stesso riassunto come tema, ma il nostro obiettivo, in questo caso, non era quello di fornirvi qualcosa di già pronto, bensì dei punti fermi per ripetere in vista di interrogazioni e prepararvi a ogni tipo di verifica). Veniamo subito al dunque.
La prima differenza fra Dante e Petrarca è lampante: il primo, uomo ancora pienamente medievale, è tutto proiettato nell'ottica di valori cristiani e morigerati costumi; il secondo, un autore di confine, è in bilico tra un discorso ormai chiuso e uno che si sta aprendo: il roboante Umanesimo. Dire che ogni autore sia il frutto della sua epoca è riduttivo ma certamente vero. Nessun intellettuale autentico incarna alla perfezione tutti gli ideali dell'ambiente culturale nel quale è immerso; tuttavia, una grossa manciata di tratti del sentire comune traspaiono dalle sue opere, che lo voglia oppure no. Pertanto, se Dante si appropria delle categorie di pensiero medievali, tutto assorto nel timore di Dio e nell'incessante riflessione sulla caducità della vita, Petrarca rispecchia l'uomo rinato, un virgulto appena germogliato sulla soglia di una nuova generazione di pensiero: è con questa impostazione mentale bipartita che andiamo a considerare i modi in cui i due differenti geni letterari si sono declinati nelle varie tematiche prese in considerazione.
Come già fatto per il confronto tra Dante e Boccaccio, ci soffermeremo anche qui su una mucchio scelto di argomenti. Inoltre, per un confronto più sensato ci occuperemo solamente delle opere liriche di ambo gli autori, tralasciando l'epica, i trattati e le epistole.
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In Petrarca, il contrasto intestino rimarrà vivo e acrimonioso per tutta la durata della sua vita, con alterne vittorie di una parte sull'altra o viceversa, e non si risolverà nemmeno sul finire di questa. C'è di più: il poeta tiene in movimento questa tensione per alimentare la sua macchina poetica: converte le due forze antinomiche in energia creativa e - come una batteria funziona fintanto che è in tensione tra due poli opposti - tiene il suo estro sotto una carica perpetua. Laura o Dio, Dio o Laura, Laura o Dio... e non si rimane di certo a corto di parole.
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Petrarca recupera così la lezione impartita dai poeti siciliani e dai trovatori sulla fisicità dell'amore, coscienziosamente elusa da Dante, nella sua dimensione più massiccia e godibile. La razionalità non può figurarsi la grandezza di questo sentimento, non può imbrigliarlo in schemi preconcetti: può cercare di combatterlo - questo sì - ma in una strenua e inane battaglia, al termine della quale ne uscirà sicuramente sconfita. A riprova di quanto detto, si consideri il processo di stereotipizzazione della bellezza femminile operata da Petrarca e dai suoi estimatori e seguaci che hanno imposto un canone di bellezza fatto di sole caratteristiche fisiche e attitudinali eccelse, mentre quelle spirituali o morali non vengono neanche prese in considerazione. Ci penserà Montale sei secoli dopo a riesumare l'idea dantesca di donzella foriera di salvezza e virtù (Clizia, sua amante, è assurta a faro illuminato in un'umanità che è un oceano di sofferenza e vacuità ).
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All'opposto c'è Petrarca che opta per un linguaggio medio, raffinato ma mai solenne, dal lessico pure, incontaminato e levigato da sicilianismi e provenzalismi evidenti. La versificazione inoltre è chiara, limpida, melodica e i cambi di registro sono banditi. Il tutto va a rinsaldare l'idea di una monotonia tematica e stilistica assurta a cifra distintiva.
Per concludere questo riassunto sul confronto tra Dante e Petrarca, direi che sebbene entrambi accordino un'assoluta prevalenza dell'amore sugli altri temi e sperimentino strutture strofiche e metriche parimenti innovative – il sonetto petrarchesco con la peculiare volta o la rima incatenata dantesca per citarne un paio – i due non potevano sostenere scelte artistiche più disparate di così. Adesso sarete senz'altro pronti per temi, saggi brevi e interrogazioni di tutti i tipi: in bocca al lupo!
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La prima differenza fra Dante e Petrarca è lampante: il primo, uomo ancora pienamente medievale, è tutto proiettato nell'ottica di valori cristiani e morigerati costumi; il secondo, un autore di confine, è in bilico tra un discorso ormai chiuso e uno che si sta aprendo: il roboante Umanesimo. Dire che ogni autore sia il frutto della sua epoca è riduttivo ma certamente vero. Nessun intellettuale autentico incarna alla perfezione tutti gli ideali dell'ambiente culturale nel quale è immerso; tuttavia, una grossa manciata di tratti del sentire comune traspaiono dalle sue opere, che lo voglia oppure no. Pertanto, se Dante si appropria delle categorie di pensiero medievali, tutto assorto nel timore di Dio e nell'incessante riflessione sulla caducità della vita, Petrarca rispecchia l'uomo rinato, un virgulto appena germogliato sulla soglia di una nuova generazione di pensiero: è con questa impostazione mentale bipartita che andiamo a considerare i modi in cui i due differenti geni letterari si sono declinati nelle varie tematiche prese in considerazione.
Come già fatto per il confronto tra Dante e Boccaccio, ci soffermeremo anche qui su una mucchio scelto di argomenti. Inoltre, per un confronto più sensato ci occuperemo solamente delle opere liriche di ambo gli autori, tralasciando l'epica, i trattati e le epistole.
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Primo confronto tra Dante e Petrarca: la selezione dei temi
La differenza fondamentale riguarda l'ampiezza dello spettro dei temi scelti dai due scrittori: mentre Dante predilige un largo spettro tematico, spaziando con disinvoltura da questioni teologiche a questioni linguistiche, dalla politica all'amore, e proponendo al suo lettore un'intera gamma di argomenti eruditi, edificanti o all'opposto polemici, Petrarca profonde anima e corpo nella ricerca di un intenso rinnovato lirismo, s'immerge nel vasto vago dei sentimenti e affina con commuovente perseveranza le armi dell'introspezione. I suoi temi prediletti sono quello amoroso e, in minima parte, quello storico-erudito; sebbene poi in più punti traspaiano chiare tinte religiose e filosofiche, il tutto è sempre inequivocabilmente filtrato dalla rassicurante onnipresenza dell'io poetico. Il leit motiv di ogni componimento di Petrarca è indubbiamente il dissidio interiore tra le due tendenze antitetiche che lo spingono alternativamente a donare il suo cuore a Laura o a Dio: le insanabili fratture della sua anima così ridotta in brandelli, come una stola di seta tra le avide mani di due donne che se la contendono (basti pensare a ciò che succede nel Secretum).Dante Alighieri e Petrarca, a confronto il tema amoroso (sacro VS profano)
Dante liquida la spinosa questione con abile teorizzazione: l'amore che indirizza a Beatrice è naturalmente deviato verso la Fonte di vita, come un prisma diffrange un raggio solare, cosicché non v'è nulla di blasfemo a fare dell'amata un oggetto di venerazione. La dama che ha incatenato il cuore di Dante non è infatti una delle tante, ma è l'anello di congiunzione tra l'umano e l'angelico, l'unica linea di contatto tra le due sfere. Per la sua bellezza e per il suo perfetto candore è una miniatura precisa di chi l'ha creata: nessun rimorso quindi per chi le rivolge sussurri e dolci prieghi (e tutto questo è alla base del rapporto fra il poeta e lo Stilnovismo)In Petrarca, il contrasto intestino rimarrà vivo e acrimonioso per tutta la durata della sua vita, con alterne vittorie di una parte sull'altra o viceversa, e non si risolverà nemmeno sul finire di questa. C'è di più: il poeta tiene in movimento questa tensione per alimentare la sua macchina poetica: converte le due forze antinomiche in energia creativa e - come una batteria funziona fintanto che è in tensione tra due poli opposti - tiene il suo estro sotto una carica perpetua. Laura o Dio, Dio o Laura, Laura o Dio... e non si rimane di certo a corto di parole.
Dante e Petrarca: differenza nella caratterizzazione dei personaggi
Mentre Dante rende molteplici personaggi con qualche pennellata significativa, li cesella con precisione certosina ed è capace di farli nascere e morire all'interno dello stesso celere, ma mai sbrigativo, endecasillabo (ricordi come si presenta Pia de' Tolomei in Purgatorio V? Siena mi fé, disfecemi Maremma), Petrarca scandaglia – lirica dopo lirica – esclusivamente la sua interiorità , arricchendola di particolari inediti e intime confidenze, e anche quando mette in scena un personaggio esterno lo fa soltanto per poterci proiettare le sue interiora, dando al lettore l'impressione di star incontrando qualcuno di nuovo ma battendo con regolarità sullo stesso chiodo: e così Sant'Agostino diventa pretesto per esternare lacrimevoli rimpianti di una mancata religiosità oltre al trito combattimento dello spirito contro la carne e perenne vacillamento della fede; è l'io poetico di Petrarca, insomma, a fare da protagonista nella sua opera.Approfondisci: leggi i nostri temi svolti di letteratura e attualità per prepararti ai compiti in classe
Le differenze tra Dante e Petrarca sulla figura femminile
Continuiamo il nostro confronto tra Dante e Petrarca parlando del loro rapporto con la figura femminile. Beatrice è colei che dona salvezza. Certo è bella, bellissima, non esistono paragoni per descriverne l'incorniciata bellezza. Ma il suo aspetto esteriore è più che altro un indice, il marchio della speciale fattura morale e spirituale e l'interfaccia tutta esteriore di un'anima eccelsa. All'inverso Laura è di una bellezza tutta fisica, per nulla concettuale, è una festa per i sensi e una carica inesauribile di er*tismo. La sua chioma bionda inanellata e i suoi fianchi flessuosi, la pelle candida come la neve insieme al suo portamento leggiadro affiorano dalle parole del Petrarca come ologrammi tangibili e stimolano l'immaginario ero*ico del lettore, ma mai e poi mai rispecchiano una bellezza interiore e mai costituiscono un passe-partout per i cancelli del paradiso. Sono invece un grosso impedimento per l'elevazione spirituale del cuore del poeta: da qui i lunghi sospiri e i turbamenti.Petrarca recupera così la lezione impartita dai poeti siciliani e dai trovatori sulla fisicità dell'amore, coscienziosamente elusa da Dante, nella sua dimensione più massiccia e godibile. La razionalità non può figurarsi la grandezza di questo sentimento, non può imbrigliarlo in schemi preconcetti: può cercare di combatterlo - questo sì - ma in una strenua e inane battaglia, al termine della quale ne uscirà sicuramente sconfita. A riprova di quanto detto, si consideri il processo di stereotipizzazione della bellezza femminile operata da Petrarca e dai suoi estimatori e seguaci che hanno imposto un canone di bellezza fatto di sole caratteristiche fisiche e attitudinali eccelse, mentre quelle spirituali o morali non vengono neanche prese in considerazione. Ci penserà Montale sei secoli dopo a riesumare l'idea dantesca di donzella foriera di salvezza e virtù (Clizia, sua amante, è assurta a faro illuminato in un'umanità che è un oceano di sofferenza e vacuità ).
La lingua di Dante e Petrarca, confronto sulle differenze
Vediamo ora la lingua di Dante e Petrarca in breve per rendere questo confronto completo, sottolinenado sin da subito che, mentre Dante si preoccupa di nobilitare il volgare, Petrarca scrive prevalentemente in latino. Tutt'e due i poeti selezionano un fiorentino a loro contemporaneo ma si richiamano a consuetudini espressive profondamente diverse e sottopongono la loro lingua a differenti processi di rimaneggiamento. L'idioma di Dante si tinge di toni variopinti, è materia duttile e ricca, che assume la forma del contenitore nel quale l'autore si diverte ad inserirla, pur conservando una dovizia espressiva impareggiabile. Dante non disdegna nessun registro - dal più basso, messo in bocca al più scabroso dei dannati, al più aulico: miele che fluisce dalla bocca di angeli e di beati – e si compiace persino del turpiloquio; si cimenta altresì in esercizi di stile con la stessa perizia che sfodera quando, alla rovescia, costruisce impalcature sintattiche piane e semplici. Nel corso della sua opera diverse varietà diatopiche e diafasiche trovano degna rappresentanza, anche se Dante non indulge mai in dialettismi caricaturali dai toni della farsa.Approfondisci: leggi i nostri riassunti su Dante Alighieri per prepararti a compiti e interrogazioni
All'opposto c'è Petrarca che opta per un linguaggio medio, raffinato ma mai solenne, dal lessico pure, incontaminato e levigato da sicilianismi e provenzalismi evidenti. La versificazione inoltre è chiara, limpida, melodica e i cambi di registro sono banditi. Il tutto va a rinsaldare l'idea di una monotonia tematica e stilistica assurta a cifra distintiva.
Per concludere questo riassunto sul confronto tra Dante e Petrarca, direi che sebbene entrambi accordino un'assoluta prevalenza dell'amore sugli altri temi e sperimentino strutture strofiche e metriche parimenti innovative – il sonetto petrarchesco con la peculiare volta o la rima incatenata dantesca per citarne un paio – i due non potevano sostenere scelte artistiche più disparate di così. Adesso sarete senz'altro pronti per temi, saggi brevi e interrogazioni di tutti i tipi: in bocca al lupo!
La foto è tratta da Pixabay.com